Onorevoli Deputati! - Il presente disegno di legge contiene soluzioni di immediata attuazione che - senza oneri finanziari aggiuntivi - incidono su alcuni aspetti nevralgici del processo civile.
      Gli interventi proposti sono finalizzati a ridurre la durata dei processi civili, nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo, sancito dall'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955, e, quindi, dalla nostra Costituzione con la modifica dell'articolo 111 della medesima Carta.
      Considerato che in una materia così delicata si sono susseguiti, anche di recente, numerosi interventi normativi, il presente disegno di legge non ha l'ambizione di attuare l'ennesima riforma organica del processo civile, ma si propone di introdurre alcune importanti modifiche al codice di procedura civile, tese al perseguimento della finalità acceleratoria innanzi indicata.
      Le linee guida del presente intervento normativo investono la struttura stessa dell'attuale processo civile, in funzione del rafforzamento della centralità del processo di primo grado, quale luogo elettivamente deputato alla cognizione del fatto, depurato di quei meccanismi che ostacolano il contenimento della sua durata.
      In quest'ottica, il disegno di legge contiene alcune misure concrete che incidono in modo diretto sul processo civile, muovendosi nelle seguenti direzioni:

          a) previsione di norme che affidano al giudice l'effettiva direzione del processo, contestualmente alla sua responsabilizzazione in funzione del rispetto del termine

 

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ragionevole di durata del processo medesimo;

          b) valorizzazione del principio di lealtà processuale, attraverso la predisposizione di un meccanismo di sanzioni processuali a carico della parte che, con il proprio comportamento, abbia determinato un allungamento dei tempi di durata del processo, ovvero abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave;

          c) valorizzazione della conciliazione giudiziale e del ruolo conciliativo del giudice, accompagnati dalla previsione di sanzioni processuali a carico della parte che abbia, senza giustificato motivo, rifiutato la proposta conciliativa avanzata dalla controparte;

          d) razionalizzazione e accelerazione dei tempi del processo, mediante la tendenziale concentrazione delle udienze, la riduzione dei termini per il compimento di singoli atti, la programmazione degli adempimenti processuali (cosiddetto «calendario del processo»), la razionalizzazione dei tempi di espletamento delle consulenze tecniche d'ufficio e di assunzione della prova delegata;

          e) attenuazione della rigidità del sistema delle decadenze e delle preclusioni, a garanzia dell'effettività del contraddittorio, mediante un ampliamento del potere di rimessione in termini;

          f) alleggerimento del peso delle questioni di competenza, attraverso una serie di rilevanti interventi, che comportano: l'unificazione del regime del rilievo dell'incompetenza, con conseguente equiparazione dei casi di competenza cosiddetta «debole» a quelli di competenza cosiddetta «forte»; la soppressione del regolamento necessario e facoltativo di competenza e delle impugnazioni ordinarie per violazione delle norme sulla competenza e la loro sostituzione con un nuovo e più agile mezzo d'impugnazione (reclamo);

          g) previsione dell'indicazione specifica dei motivi di appello, a pena di inammissibilità;

          h) introduzione di un modello generale di procedimento sommario non cautelare avente ad oggetto la condanna al pagamento di somme di denaro ovvero alla consegna o al rilascio di cose;

          i) semplificazione del regime delle nullità processuali, attraverso la riduzione delle ipotesi di nullità e il rafforzamento degli strumenti di sanatoria degli atti processuali nulli.

      L'efficacia di tali misure acceleratorie del processo dovrà essere necessariamente accompagnata da ulteriori interventi di carattere organizzativo - che pure sono in corso di elaborazione presso il Ministero della giustizia - coordinati con il presente disegno di legge.
      Le possibili misure possono così riassumersi:

          a) razionalizzazione e potenziamento degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie civili, con qualificati organi di conciliazione, al fine di ridurre il numero dei nuovi processi, soprattutto in materia previdenziale e in materia contrattuale, qualora siano coinvolti i consumatori;

          b) previsione di meccanismi di filtro che, nel rispetto del principio costituzionale del giudice naturale, consentano di selezionare le cause che, per il loro basso grado di difficoltà, possono essere trattate mediante il ricorso a forme procedimentali semplificate, eventualmente avvalendosi dell'apporto della struttura dell'ufficio del processo;

          c) istituzione dell'ufficio per il processo, ossia di una struttura di supporto, materiale e umano, che consenta di razionalizzare e di agevolare l'attività del magistrato e di rendere più efficiente il servizio della giustizia;

          d) razionalizzazione dei meccanismi di liquidazione delle spese processuali, attualmente correlata in misura direttamente proporzionale alla durata del processo. Il meccanismo di liquidazione dovrebbe essere separato dalla durata del

 

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processo e, anzi, dovrebbe prevedere incentivi in caso di minore durata; il tutto dovrebbe attuarsi senza penalizzare l'impegno professionale degli avvocati;

          e) tendenziale unificazione dei riti, considerato che, negli ultimi anni, si è assistito, per un verso, a un vero e proprio fenomeno di erosione del modello del processo civile ordinario a cognizione piena e, per altro verso, al moltiplicarsi dei riti speciali.

      Esame dell'articolato.

Articolo 1.

      L'articolo 1, tenuto conto della buona riuscita complessiva del contenzioso civile attribuito ai giudici di pace, modifica i commi primo e secondo dell'articolo 7 del codice di procedura civile, elevando a 10.000 euro la competenza per valore del giudice di pace per le cause relative a beni mobili e a 50.000 euro quella per le cause di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e di natanti. L'obiettivo di tale modifica è quello di riequilibrare, nelle suddette materie, il carico di lavoro tra tribunale e giudice di pace.

Articoli 2, 3, 4, 5 e 24.

      Le modifiche apportate agli articoli 38, 39, 40, 44 e 187 del codice di procedura civile, rispettivamente dagli articoli 2, 3, 4, 5 e 24 del presente disegno di legge realizzano - unitamente all'abrogazione degli articoli 42, 43 e 46 dello stesso codice, da parte dell'articolo 57 del medesimo disegno di legge - un intervento di notevole rilievo in materia di competenza, consistente in una generale attenuazione del peso delle questioni sulla competenza: questioni che devono essere eccepite immediatamente e decise tempestivamente nella fase iniziale della causa. Tutto ciò al fine di evitare che sia possibile rimettere in discussione la questione dell'individuazione del giudice competente a decidere la controversia quando la causa è ormai matura per la decisione.
      A tale fine vengono equiparati tra loro tutti i criteri di competenza, e il nuovo primo comma dell'articolo 38 stabilisce che l'incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio vanno tutte eccepite, a pena di decadenza, con la comparsa di risposta.
      A sua volta il terzo comma riprende il contenuto dell'attuale primo comma dell'articolo 38 e dispone che l'incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall'articolo 28 sono rilevate d'ufficio non oltre la prima udienza di trattazione, di cui all'articolo 183.
      Per i casi non previsti dall'articolo 28 - secondo comma dell'articolo 38 novellato dall'articolo 2 del disegno di legge - viene, invece, riproposta la regola secondo la quale rimane ferma la competenza per territorio del giudice indicato competente se le parti costituite aderiscono a tale indicazione e la causa viene riassunta entro tre mesi dalla cancellazione dal ruolo.
      Inoltre, quando una questione di competenza viene sollevata dalle parti o rilevata d'ufficio essa non può più essere decisa unitamente al merito (come prevede attualmente l'articolo 187, terzo comma, per l'ipotesi in cui il giudice ritenga che la decisione su di essa non sia idonea a definire il giudizio), essendo necessario che il giudice pronunci immediatamente sulla questione di competenza, coerentemente con il nuovo sistema di impugnazione della decisione sulla relativa questione (in tal senso viene modificato il terzo comma dell'articolo 187).
      La modifica apportata al primo comma dell'articolo 44 prevede che la pronuncia sulle questioni di competenza sia resa sempre con ordinanza (e non più con sentenza, come prevede l'attuale primo comma per l'ipotesi in cui il giudice adito dichiari la propria incompetenza).
      Il regime di stabilità dell'ordinanza che pronuncia sulle questioni di competenza risulta strettamente connesso al nuovo sistema di impugnazione, il quale, nell'ottica acceleratoria e di economia processuale innanzi detta, non contempla più né

 

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il regolamento di competenza necessario o facoltativo previsto dai vigenti articoli 42 e 43 (i quali vengono pertanto abrogati), né l'appello, ma un unico nuovo strumento di impugnazione, cioè il reclamo deciso in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile.
      Ciò al fine di evitare che il regolamento di competenza, nato come mezzo d'impugnazione in grado di pervenire anticipatamente a una pronuncia definitiva sulla questione pregiudiziale di competenza, possa contribuire, come di fatto avviene, a ritardare ingiustificatamente la decisione di merito.
      L'abolizione del regolamento di competenza esperibile ad istanza di parte comporterà una sicura riduzione del carico di lavoro complessivo della Corte di cassazione - quantificabile in misura pari al 10 per cento circa del totale, considerando che nel 2005 sono pervenuti alla Corte 2.243 ricorsi per regolamento di competenza su una sopravvenienza totale di 29.975 ricorsi - con riflessi positivi anche sul versante più generale della durata dell'intero processo, tenuto conto dei tempi medi con i quali la Corte di cassazione definisce i ricorsi per regolamento di competenza e dell'abnorme allungamento dei tempi processuali nei casi in cui la stessa Corte accoglie la questione di competenza con rinvio al primo giudice.
      I successivi commi del nuovo articolo 44 individuano il giudice competente a decidere il reclamo avverso le ordinanze che pronunciano in materia di competenza, stabilendo in particolare che il reclamo avverso l'ordinanza del giudice di pace si propone dinanzi al tribunale della stessa circoscrizione, in composizione monocratica; quello avverso l'ordinanza del tribunale in composizione monocratica si propone dinanzi al collegio, del quale non può fare parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato; il reclamo contro l'ordinanza del tribunale in composizione collegiale e quello contro l'ordinanza della corte d'appello quando pronuncia in unico grado si propongono dinanzi ad altro collegio dello stesso giudice.

Articoli 6, 7 e 8.

      Le disposizioni in esame apportano alcune modifiche agli articoli 47, 48 e 49 del codice di procedura civile, rese necessarie dall'abolizione del regolamento necessario e facoltativo di competenza e dalla conservazione del solo regolamento di competenza d'ufficio.

Articolo 9.

      Le modifiche recate all'articolo 50 del codice di procedura civile rappresentano un mero coordinamento con quelle apportate dal presente disegno di legge all'articolo 44 e all'articolo 307 del medesimo codice.
      In particolare, il termine «sentenza» viene sostituito con quello di «ordinanza», mentre, per le già esposte finalità acceleratorie, viene ridotto da sei a quattro mesi il termine per la riassunzione della causa dinanzi al giudice dichiarato competente, rendendo così omogeneo tale termine con quello previsto per la riassunzione della causa cancellata dal ruolo dal nuovo articolo 307, primo comma.

Articolo 10.

      Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ai sensi dell'articolo 77 del codice di procedura civile (che configura la possibilità di una rappresentanza processuale solo in favore del «procuratore generale» e di «quello preposto a determinati affari») il potere di agire in giudizio quale rappresentante del titolare del diritto in esso azionato presuppone l'esistenza di un rapporto gestorio: la rappresentanza processuale volontaria non potrebbe essere conferita a un soggetto che non rivesta già la qualità di rappresentante sul piano sostanziale, in quanto l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale postula la titolarità del diritto sostanziale fatto valere o il potere di disporne.
      Al fine di superare le limitazioni derivanti dall'interpretazione giurisprudenziale della norma si è ritenuto di ag

 

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giungere un comma all'articolo 77, prevedendo espressamente che la rappresentanza processuale possa essere conferita anche a chi non sia investito del potere di rappresentanza sostanziale.

Articolo 11.

      Tra le più significative innovazioni proposte vi è la valorizzazione del comportamento processuale delle parti, alle quali si chiede - nell'ottica dei princìpi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata dello stesso - di consentire che l'accertamento dei fatti di causa venga compiuto senza inutili dilazioni e senza ricorrere all'abuso degli strumenti processuali messi a disposizione dall'ordinamento.
      In quest'ottica si è ritenuto opportuno aggiungere, all'articolo 88 del codice, una norma di principio che obbliga le parti non solo a prendere posizione sui fatti allegati dall'altra parte, come già previsto, ad esempio, dall'articolo 167, primo comma, del codice di procedura civile, ma a chiarire le circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione in modo leale e veritiero.
      La disposizione non è destinata a rimanere una mera norma di principio, in quanto il giudice terrà conto dell'inosservanza del dovere di lealtà e correttezza non solo ai fini della condanna alle spese (già prevista dall'articolo 92, primo comma, del codice di procedura civile), ma anche ai fini dell'accertamento della responsabilità processuale aggravata (articolo 96 del codice di procedura civile) ed eventualmente anche ai fini dell'accertamento dei fatti (secondo il principio, contenuto nell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile, per cui il giudice può desumere argomenti di prova dal contegno tenuto dalle parti durante il processo).
      In ogni caso, questa disposizione (tratta dal codice di procedura civile tedesco) è sommamente importante perché costituisce specificazione e rafforzamento dell'obbligo di leale collaborazione.

Articolo 12.

      Le modifiche in materia di pronuncia sulle questioni di competenza hanno reso necessario modificare l'articolo 91, primo comma, del codice di procedura civile, prevedendo che il giudice provveda sulle spese processuali tutte le volte che emana un provvedimento che definisce il processo davanti a lui, qualunque sia la forma del provvedimento adottato.
      All'articolo 91, primo comma, è stato poi aggiunto un ulteriore periodo, con cui si introduce una significativa innovazione nella disciplina delle spese processuali.
      Si è già evidenziato che uno dei cardini dell'intervento riformatore che si propone è costituito dalla valorizzazione del ruolo della conciliazione giudiziale (vedi infra quando si esamineranno le modifiche apportate all'articolo 185 del codice di procedura civile).
      Per indurre le parti ad avviare un trattativa seria per la definizione conciliativa della controversia - ed evitare, come accade nella pratica, che si svolga un lungo processo al cui esito la parte ottenga ciò che fin dall'inizio l'altra si è dichiarata disposta ad offrire - si è ritenuto utile prevedere una vera e propria sanzione processuale a carico dell'attore (o del convenuto che abbia proposto domanda riconvenzionale) il quale, all'esito del tentativo di conciliazione, abbia rifiutato una proposta conciliativa seria avanzata dall'altra parte.
      Si osserva al riguardo che la parte contro cui è rivolta la domanda ha senz'altro un interesse specifico a formulare una proposta conciliativa, dal momento che il giudice può tenere conto di tale comportamento processuale in sede di liquidazione delle spese di lite (ad esempio compensando le spese processuali).

Articolo 13.

      I medesimi princìpi (rafforzamento delle cosiddette «sanzioni processuali», in funzione della più incisiva valutazione del comportamento delle parti durante il processo) sono alla base della modifica all'articolo

 

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96 del codice di procedura civile, che disciplina la cosiddetta «responsabilità processuale aggravata».
      Lo strumento in questione trova, nella pratica, una scarsa applicazione, essenzialmente dovuta al fatto che nell'attuale formulazione della norma la pronuncia di condanna a carico della parte soccombente che ha agito con dolo o colpa grave presuppone la prova che l'altra parte abbia sofferto un danno in conseguenza della condotta processuale scorretta.
      La modifica che si propone introduce invece uno strumento assimilabile alla pena privata, laddove è previsto che la condanna del soccombente al pagamento di una somma di denaro ulteriore rispetto alle spese di lite consegua ipso facto all'accertamento della condotta illecita.
      Resta ferma, per la parte danneggiata dal comportamento processuale scorretto del suo avversario, la possibilità di domandare la liquidazione del danno subìto.

Articolo 14.

      La modifica proposta all'articolo 101 del codice di procedura civile riafferma il principio del contraddittorio, già espresso dall'articolo 111, secondo comma, della Costituzione in tema di «giusto processo». Si prevede quindi che il giudice non possa decidere la causa sulla base di una questione rilevata d'ufficio, senza che le parti siano state poste in condizione di dedurre su tale questione: il giudice che abbia già assunto la causa in decisione dovrà - prima di pronunciare - concedere alle parti un termine per depositare memorie contenenti osservazioni sulla questione rilevata d'ufficio, secondo un meccanismo analogo a quello attualmente previsto dall'articolo 384, terzo comma, del medesimo codice.

Articolo 15.

      L'articolo 115 del codice di procedura civile è stato riformulato, prevedendo al primo comma che il giudice ponga a fondamento della propria decisione anche «i fatti non specificamente contestati», esonerando così la parte che ha allegato quei fatti dal relativo onere probatorio.
      Alla luce di questa modifica - che ben si coordina con il tenore dell'articolo 167, primo comma, del medesimo codice che impone al convenuto l'onere di prendere posizione sui fatti costitutivi della domanda - la non contestazione viene considerata un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, posto che in questo caso l'atteggiamento difensivo delle parti sottrae il fatto medesimo dall'ambito degli accertamenti richiesti.

Articolo 16.

      La modifica al numero 4) del secondo comma dell'articolo 132 del codice di procedura civile è finalizzata a ridurre il contenuto espositivo e motivazionale delle sentenze, il quale, nel rispetto dell'articolo 111, sesto comma, della Costituzione, deve contenere unicamente l'esposizione dei motivi in fatto e in diritto della decisione.

Articolo 17.

      Con la modifica dell'articolo 153 del codice di procedura civile si è voluto generalizzare la previsione della rimessione in termini, attualmente disciplinata dall'articolo 184-bis del medesimo codice, allargandone l'ambito oggettivo di applicazione (così come più volte sollecitato dalla dottrina).
      Si è inoltre inteso ampliare i presupposti della rimessione ai casi in cui la decadenza sia dipesa da errore scusabile.
      Stante la generalizzazione del rimedio della rimessione in termini, si è proceduto all'abrogazione del citato articolo 184-bis (ai sensi dell'articolo 57).

Articolo 18.

      La modifica proposta tende a precisare che si applica anche agli atti di impugnazione la disposizione del secondo comma dell'articolo 170 del codice di procedura civile, in virtù della quale, nelle comunicazioni o notificazioni fatte dopo la costituzione

 

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in giudizio, è sufficiente la consegna di una sola copia dell'atto anche se il procuratore è costituito per più parti.

Articolo 19.

      La modifica dell'articolo 175 del codice di procedura civile, nel quadro complessivo di un rafforzamento dei poteri del giudice nel governo del processo, tende a valorizzare la necessità che tali poteri vengano utilizzati, senza pregiudizio per il diritto di difesa delle parti, per definire il processo nel rispetto del principio della ragionevole durata.

Articolo 20.

      Le modifiche apportate all'articolo 181 del codice di procedura civile servono ad ovviare a una delle cause più frequenti di allungamento dei tempi processuali, riconducibile all'inattività delle parti.
      In tutti i casi di mancata comparizione delle parti (così come nel caso in cui l'attore non compaia alla prima udienza e il convenuto non chieda che il processo prosegua in sua assenza) il giudice non sarà più costretto a fissare una nuova udienza di comparizione, prima di poter disporre la cancellazione della causa dal ruolo se anche all'udienza successiva le parti non saranno comparse, ma potrà farlo direttamente nell'udienza andata deserta per la prima volta.
      L'inattività processuale viene subito considerata alla stregua di un comportamento sintomatico del disinteresse delle parti alla prosecuzione della causa che, pertanto, viene immediatamente cancellata dal ruolo, con conseguente alleggerimento dei ruoli ed espunzione dal sistema di quei procedimenti in cui manchi un reale interesse a una decisione del giudice.

Articolo 21.

      La modifica proposta all'articolo 182 del codice di procedura civile estende i meccanismi di regolarizzazione ivi previsti, consentendo di sanare, nel termine perentorio stabilito dal giudice, anche i vizi che determinano la nullità della procura al difensore, attraverso la rinnovazione della medesima.
      Inoltre, con una radicale innovazione rispetto all'attuale previsione dell'articolo 182, viene stabilito che l'osservanza del termine perentorio assegnato dal giudice per la regolarizzazione sia idonea a sanare i vizi con efficacia ex tunc (essendo espressamente previsto che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producano sin dal momento della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio).

Articolo 22.

      Le modifiche proposte all'articolo 183 del codice di procedura civile (recentemente modificato da altri interventi normativi) si rendono necessarie per dare concreta attuazione ad alcuni dei princìpi ispiratori del presente disegno di legge: concretezza, lealtà e speditezza.
      In particolare, nell'ambito del potenziamento del ruolo del giudice nella conduzione del processo, nonché al fine di favorire la conciliazione della controversia, vengono ripristinati gli obblighi del giudice di interrogare liberamente le parti presenti all'udienza di prima comparizione e di tentare, nella stessa udienza (non più in una successiva, come prevede l'attuale terzo comma dell'articolo 183) la conciliazione della lite, se la natura della causa lo consente in quanto abbia ad oggetto diritti disponibili.
      Viene a questo punto inserita una delle maggiori novità del presente disegno di legge (applicabile anche ai giudizi di appello, in forza del rinvio operato dall'articolo 359 del citato codice alle norme relative al procedimento davanti al tribunale). Se il tentativo di conciliazione non riesce, il giudice, dopo aver invitato le parti a fornire i chiarimenti necessari e dopo aver indicato le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione, fissa il calendario del processo.
      Si tratta di un istituto, recentemente introdotto nel codice di rito francese, che ha lo scopo di predeterminare le cadenze

 

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temporali delle udienze successive e degli altri adempimenti e incombenti processuali (fino alla precisazione delle conclusioni), rendendo così possibile una preventiva conoscenza della durata del processo, con evidenti ricadute positive sui tempi di definizione dei processi medesimi, che potranno essere gestiti con maggiore efficienza dal giudice istruttore, in maniera tale da razionalizzare l'organizzazione dei ruoli e delle udienze.
      Il giudice fisserà il calendario del processo dopo aver sentito le parti presenti e tenuto conto della natura, dell'urgenza e della complessità della causa.
      Al fine di evitare che le prescrizioni contenute nel calendario del processo possano essere comunque disattese dalle parti, è previsto che i termini ivi stabiliti non sono prorogabili, tranne che in caso di gravi e giustificati motivi.
      Quanto alla concessione dei termini per il deposito delle memorie previste dall'attuale sesto comma dell'articolo 183, essa non conseguirà più in modo automatico alla richiesta delle parti, rientrando nei poteri del giudice di valutare, sentite le parti, se il deposito di memorie risponda effettivamente alle necessità difensive delle parti stesse.
      Il complesso di tali modifiche ha reso necessaria l'abrogazione dell'articolo 184 (essendo rimesso al giudice il potere di fissare il calendario delle udienze e dunque di stabilire in quale momento debba avvenire l'assunzione dei mezzi di prova ammessi), oltre a modifiche ulteriori di mero coordinamento interno.

Articolo 23.

      Le maggiori novità in materia di tentativo obbligatorio di conciliazione, disciplinato dal novellato articolo 185 del codice di procedura civile, consistono nella necessità, per il giudice, di indicare alle parti le ipotesi conciliative che ritiene opportuno formulare e, per le parti, di precisare a quali condizioni esse siano disposte a conciliare la controversia.
      La modifica proposta impone al giudice, fin dall'inizio del processo, lo studio della causa in funzione di una piena conoscenza dei fatti controversi, condizione per consentirgli di formulare autonomamente una proposta conciliativa da sottoporre alla valutazione delle parti: le possibilità di riuscita del tentativo di conciliazione saranno maggiori in rapporto proporzionale alla capacità del giudice di formulare una corretta e valida proposta conciliativa.
      A questa modifica si collega la seconda, a sua volta in stretta connessione con il novellato articolo 91 del medesimo codice. Le parti, infatti, saranno obbligate a dichiarare se accettano o meno la proposta conciliativa formulata dal giudice e, nel secondo caso, a quali condizioni sarebbero disposte a conciliare la controversia. Ciò permetterà al giudice, quando accoglie la domanda in misura non superiore all'offerta del convenuto, di condannare al pagamento delle spese processuali l'attore che ha rifiutato senza giusti motivi la proposta conciliativa.
      Al riguardo va precisato che l'obbligo per le parti di specificare a quali condizioni siano disposte a conciliare la controversia non impone necessariamente alle parti di ridurre la propria pretesa originaria, ben potendo le stesse dichiarare di non essere disposte a conciliare se la propria pretesa non venga riconosciuta integralmente fondata.

Articolo 24.

      Per l'articolo in oggetto vale quanto già esposto nella relazione agli articoli 2, 3, 4, 5 e 24.

Articoli 25 e 26.

      Anche le modifiche apportate agli articoli 191 e 195 del codice di procedura civile in materia di consulenza tecnica di ufficio perseguono la finalità di rendere più celere il processo.
      Quanto al primo articolo, viene precisato che la nomina del consulente tecnico d'ufficio può essere effettuata già con l'ordinanza di ammissione dei mezzi di prova. Con la stessa ordinanza di ammissione

 

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della consulenza tecnica d'ufficio il giudice deve indicare i quesiti da sottoporre al consulente.
      Con il nuovo terzo comma dell'articolo 195 viene precisato che il giudice, oltre al termine entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, deve contestualmente fissare anche quello, comunque anteriore alla successiva udienza, entro il quale le parti possono depositare le osservazioni alla relazione del consulente tecnico d'ufficio.

Articolo 27.

      Finalità di semplificazione e di economia processuale sono alla base delle modifiche all'articolo 203 del codice di procedura civile, che si ispirano a un istituto di generale applicazione nel processo civile francese per l'assunzione della prova testimoniale.
      Si tratta della facoltà per il giudice di assumere per iscritto la prova testimoniale cosiddetta «delegata», in considerazione della natura della causa, della qualità del testimone e di ogni altra circostanza.
      In tale caso, il giudice richiederà al testimone di fornire per iscritto e nel termine assegnatogli le risposte agli articoli di prova sui quali deve essere interrogato.
      Il testimone sottoscrive la propria deposizione (che deve contenere anche le informazioni previste dall'articolo 252, primo comma) apponendo la propria firma su ogni foglio e la spedisce in busta chiusa alla cancelleria del giudice.
      Il testimone che non fornisce le risposte scritte nel termine stabilito può essere condannato alla pena pecuniaria prevista dall'articolo 255, primo comma.
      È in ogni caso fatta salva la facoltà, per il giudice che non ritenga chiare o attendibili le risposte fornite per iscritto, di disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato.
      Al fine di rispettare il principio di immediatezza, si è ritenuto opportuno limitare l'assunzione delle dichiarazioni testimoniali per iscritto alle sole ipotesi di prova delegata, ove tale principio subisce una deroga già in base alle disposizioni vigenti (secondo cui la prova viene assunta da un giudice diverso da quello cui è sottoposta la cognizione della causa).

Articolo 28.

      Le modifiche apportate all'articolo 279 del codice di procedura civile risultano di mero coordinamento con il novellato articolo 44, secondo il quale tutte le pronunce sulle questioni di competenza sono rese con ordinanza, anziché con sentenza.

Articolo 29.

      Il regime di impugnazione delle ordinanze che dichiarano la sospensione del processo, ai sensi dell'articolo 295 del codice di procedura civile, continua a essere modellato su quello previsto per le pronunce sulle questioni di competenza. Cosicché, una volta abolito, per queste ultime, il regolamento necessario di competenza, anche per le ordinanze di sospensione è previsto, quale unico strumento di impugnazione, il reclamo nei termini e nei modi stabiliti dall'articolo 44.

Articolo 30.

      La norma riduce il termine per la riassunzione del giudizio interrotto, ispirandosi all'esposta esigenza di ridurre i tempi di durata del processo.

Articolo 31.

      La prima modifica dell'articolo 307 del codice di procedura civile riduce da un anno a quattro mesi il termine perentorio per la riassunzione delle cause cancellate dal ruolo. Oltre all'evidente abbreviazione del termine che, in mancanza di tempestiva riassunzione, determina l'estinzione della causa, la norma va letta in stretta correlazione con quella prevista dal novellato quarto comma, secondo la quale l'estinzione della causa, per qualsiasi ragione prevista dalla legge, opera di diritto e va dichiarata d'ufficio, senza più la

 

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necessità che venga eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa.
      Queste disposizioni - unitamente alla riduzione del termine massimo che il giudice può concedere per la rinnovazione della citazione, per la prosecuzione del giudizio, per la sua riassunzione o integrazione ai sensi del terzo comma dell'articolo 307 - hanno un'evidente finalità acceleratoria, in perfetto accordo con gli obiettivi perseguiti dal presente disegno di legge.

Articolo 32.

      La modifica apportata all'articolo 310 del codice di procedura civile risulta di mero coordinamento con il novellato articolo 44, secondo il quale tutte le pronunce sulle questioni di competenza sono rese con ordinanza, anziché con sentenza.

Articoli 33, 34, 40, 41, 42 e 57.

      Le modifiche apportate agli articoli 323, 324, 360, primo comma, numero 2), 382 e 385 del codice di procedura civile e 187 delle disposizioni per l'attuazione del medesimo codice, rispettivamente dagli articoli 33, 34, 40, 41, 42 e 57 del presente disegno di legge, risultano di mero coordinamento con l'abolizione del regolamento di competenza ad istanza di parte, con la sua sostituzione con il reclamo ai sensi del novellato articolo 44 del codice e con l'esclusione dell'impugnazione per cassazione per motivi di competenza.

Articolo 35.

      Al fine di attuare il principio della ragionevole durata del processo viene ridotto il cosiddetto «termine lungo» per l'impugnazione, prevedendo la decadenza dall'impugnazione decorsi otto mesi dalla pubblicazione della sentenza (anziché un anno, come attualmente previsto).
      Si è deciso di stabilire in otto mesi il termine per l'impugnazione al fine di coordinare la disposizione contenuta nell'articolo 327 del codice di procedura civile con quella di cui all'articolo 23-bis, comma 2, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

Articolo 36.

      L'innovazione proposta con la modifica all'articolo 339 del codice di procedura civile è diretta a consentire l'appellabilità di tutti i provvedimenti giurisdizionali che, avendo natura sostanziale di sentenza, sarebbero direttamente ricorribili per cassazione. Si tratta di cause per le quali la previsione della ricorribilità diretta in cassazione, pur ispirata a intenti di semplificazione e di accelerazione, determina, invece, un irrazionale aggravio nei carichi di lavoro della Corte.

Articoli 37, 38 e 39.

      Gli articoli in esame introducono importanti modifiche agli articoli 342, 345 e 354 del codice di procedura civile.
      Il nuovo articolo 342, primo comma, oltre a ribadire che l'appello si propone con atto di citazione contenente l'esposizione sommaria dei fatti e le indicazioni prescritte dall'articolo 163, precisa che, a pena di inammissibilità, esso deve contenere l'indicazione specifica dei motivi per i quali si chiede la riforma del provvedimento impugnato.
      Con la modifica apportata al terzo comma dell'articolo 345 viene precisato, conformemente all'orientamento espresso recentemente dal giudice di legittimità, che nel giudizio di appello, oltre a non essere ammessi nuovi mezzi di prova, neppure possono essere prodotti nuovi documenti.
      Peraltro, anche per la produzione dei documenti vale la regola, prevista dal medesimo comma, che fa salvi i casi in cui il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa o la parte dimostri di non aver potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Circostanza, quest'ultima, che, ad esempio, si verifica ogniqualvolta il giudice di primo grado non abbia ammesso la produzione documentale riproposta in appello.

 

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      Coerenti con i princìpi della ragionevole durata del processo appaiono anche l'abrogazione dell'articolo 353 e la modifica apportata all'articolo 354, primo comma (con cui viene abolita la rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione).
      Le modifiche contenute nel novellato terzo comma dell'articolo 354 recuperano le disposizioni in materia di riassunzione della causa dinanzi al giudice di primo grado contenute nei commi secondo e terzo del vigente articolo 353, sebbene, per ragioni di coerenza con il modificato primo comma dell'articolo 307, il termine per la riassunzione venga ridotto da sei a quattro mesi.

Articolo 43.

      Sempre al fine di attuare il principio della ragionevole durata del processo viene ridotto il termine per la riassunzione della causa davanti al giudice del rinvio, prevedendo che la causa debba essere riassunta non oltre sei mesi dalla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione (anziché un anno, come attualmente previsto).

Articolo 44.

      La norma introduce uno strumento di coercizione indiretta per l'adempimento degli obblighi di fare infungibile e per gli obblighi di non fare, prevedendo che la sentenza che accoglie la domanda di condanna all'adempimento di tali obblighi contenga anche la determinazione di una somma di denaro spettante al creditore per ogni violazione o inosservanza successiva alla pronuncia.
      Si prevede, al riguardo, che il creditore di un'obbligazione di fare infungibile o di non fare non sia tenuto a promuovere un autonomo giudizio per l'accertamento della violazione, in quanto la sentenza che ha accertato l'esistenza dell'obbligazione (condannando il debitore all'adempimento) costituirà titolo esecutivo anche per la riscossione delle somme (già liquidate dal giudice) dovute per ogni violazione successiva alla pronuncia.
      Tale meccanismo non menoma in alcun modo la difesa del debitore al quale venga notificato precetto per il pagamento della somma di denaro, in quanto egli potrà esperire il rimedio dell'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'articolo 615 del medesimo codice di procedura civile per fare accertare di non essere inadempiente, o che il mancato adempimento di quanto statuito nella sentenza di condanna è dipeso da causa a lui non imputabile.

Articolo 45.

      La modifica del sesto comma dell'articolo 669-octies del codice di procedura civile riafferma il principio generale secondo il quale il giudice che pronuncia un provvedimento cautelare ante causam deve provvedere anche sulle spese del procedimento cautelare.
      La modifica del settimo comma del medesimo articolo è puramente formale e di coordinamento, essendo errato il rinvio al primo comma, anziché al sesto comma, contenuto nel settimo comma vigente.

Articolo 46.

      Il nuovo articolo 702-bis del codice di procedura civile introduce un procedimento sommario non cautelare ante causam finalizzato all'emanazione di un provvedimento immediatamente esecutivo, suscettibile di conservare efficacia nel caso in cui il giudizio di merito non venga iniziato oppure si sia estinto.
      Si tratta di una misura essenziale nella prospettiva di ridurre in modo significativo i carichi di lavoro giudiziario, il quale dipende non soltanto dal numero dei processi, ma anche dal carico di lavoro che ciascun processo comporta. Sotto quest'aspetto appare necessario ridurre il numero dei processi che arrivano a sentenza, oltre che attraverso l'incentivazione di modi conciliativi di risoluzione delle controversie destinati ad operare a processo già iniziato, anche mediante la previsione generalizzata di

 

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provvedimenti condannatori a cognizione sommaria e ad effetto anticipatorio, non connotati da stumentalità rispetto alla decisione con sentenza e quindi dotati della possibilità di rimanere efficaci se nessuna delle parti ha interesse ad un accertamento a cognizione piena.
      In dettaglio, la disciplina proposta prevede che se il giudizio di merito non viene iniziato, o si estingue successivamente al suo inizio, il provvedimento sommario non perde la sua efficacia, ma diviene irrevocabile. Mentre, nel caso in cui il successivo giudizio di merito si concluda con una sentenza, questa sostituisce con effetto immediato l'ordinanza emessa all'esito del procedimento sommario.
      Alla norma non viene attribuita portata generale: essa viene circoscritta alle domande di condanna al pagamento di somme di denaro o alla consegna o al rilascio di cose, con esclusione, quindi, sia delle domande di condanna aventi ad oggetto un facere o un non facere, sia delle domande costitutive e di accertamento.
      La sommarietà dell'accertamento si manifesta sotto un duplice aspetto.
      In senso procedimentale perché si tratta di un accertamento basato su un'istruttoria deformalizzata e ridotta all'essenziale.
      In senso sostanziale perché si tratta di un accertamento nel quale il grado di probabilità e di verosimiglianza necessario per l'accoglimento dell'istanza di tutela sommaria è inferiore a quello necessario per l'accoglimento della domanda con sentenza.
      La previsione del reclamo avverso i provvedimenti cautelari rende inevitabile contemplare lo stesso rimedio anche per il provvedimento sommario; l'esito del giudizio di reclamo, del resto, potrebbe contribuire a dare stabilità al provvedimento, scoraggiando ulteriormente l'inizio o la prosecuzione del giudizio di merito.

Articolo 47.

      La modifica all'articolo 819-ter del codice di procedura civile ribadisce, in coerenza con il nuovo sistema impugnatorio delle ordinanze che pronunciano sulla competenza, che è reclamabile a norma dell'articolo 44 anche l'ordinanza con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione a una convenzione d'arbitrato.

Articoli 48 e 54.

      Al fine di consentire alle parti di scegliere il modello di cognizione più duttile in relazione alle circostanze del caso concreto, si è deciso di modificare l'articolo 70-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, prevedendo - in maniera assolutamente speculare a quanto oggi consentito a coloro che vogliano celebrare il processo nelle forme del cosiddetto «rito societario» nei casi in cui la controversia non rientri tra quelle previste dall'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 - che le controversie previste in materia societaria, bancaria e creditizia e di intermediazione finanziaria si svolgano secondo le regole del cosiddetto «rito societario» solo se vi sia il consenso di tutte le parti.

Articolo 49.

      In coerenza con la previsione della fissazione di un calendario del processo, contenente la determinazione dei termini entro i quali verranno svolte le singole attività processuali, si è inserita una disposizione di attuazione (articolo 81-bis) che impone al giudice di comunicare al capo dell'ufficio le ragioni per le quali si è reso impossibile definire la causa nel termini indicati nel calendario.

Articolo 50.

      Attraverso la modifica all'articolo 104 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile viene precisato che, in caso di mancata intimazione dei testimoni, il giudice, anche d'ufficio, dichiara la decadenza dalla prova della parte non diligente; ciò al fine di contrastare quelle interpretazioni meno rigorose della norma

 

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che finiscono per favorire un indebito allungamento della fase istruttoria anche in presenza di un comportamento inattivo delle parti.

Articolo 51.

      La modifica all'articolo 118 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile si rende necessaria per ragioni di coordinamento con la modifica della disciplina della motivazione della sentenza (articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice di procedura civile).

Articolo 52.

      L'articolo 52 introduce una nuova disposizione di attuazione del codice di procedura civile. Ispirata alla logica che permea lo schema del disegno di legge (introdurre misure in grado di assicurare la durata ragionevole del processo civile), la norma introduce dei termini di fase entro i quali dovrà essere definito ciascun grado di giudizio (due anni per il giudizio di primo grado; due anni per il giudizio di secondo grado; un anno per il giudizio di legittimità), al cui rispetto dovrà orientarsi il giudice nella fissazione del calendario del processo.
      Al fine di tenere in adeguata considerazione la molteplicità delle controversie che possono essere portate alla cognizione del giudice, è espressamente prevista la possibilità che i termini indicati vengano superati nel caso di processi di particolare complessità.

Articolo 53.

      La norma abroga l'articolo 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102 (che ha assoggettato alle norme del processo del lavoro le controversie relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni «conseguenti ad incidenti stradali»), essendosi ritenuto che il rito del lavoro non si adatti alle peculiarità delle controversie in questione, anche tenuto conto della maggiore snellezza del procedimento davanti al giudice di pace (davanti al quale si celebrerà un numero sempre maggiore di controversie de quibus, a seguito dell'aumento della competenza per valore previsto dall'articolo 1 del presente disegno di legge).

Articolo 55.

      In ossequio alla finalità acceleratoria del processo, si è ritenuto di modificare l'articolo 1, primo comma, della legge 7 ottobre 1969, n. 742, riducendo da quarantasei a trentuno giorni la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale.

Articolo 56.

      La norma detta disposizioni relative alla notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte degli avvocati e procuratori dello Stato, i quali potranno avvalersi della facoltà già prevista dalla legge 21 gennaio 1994, n. 53, per gli avvocati del libero foro.

Articolo 57.

      La norma contiene l'indicazione delle disposizioni del codice di procedura civile che vengono abrogate.

Articolo 58.

      Il comma 1 dell'articolo in oggetto contiene una disposizione transitoria di carattere generale, in base alla quale le disposizioni contenute nella legge trovano applicazione ai soli giudizi instaurati dopo la data di entrata in vigore della stessa legge.
      Al comma 2 è previsto tuttavia che trovino immediata applicazione, ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge, le norme in materia di appello contenute nei novellati articoli 327, 339, 342, 345 e 354 del codice di procedura civile.
      Al comma 3 è previsto che alle controversie di cui all'articolo 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102, pendenti alla data di entrata in vigore della legge, si applichino

 

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le disposizioni del rito ordinario di cognizione.
      È infine previsto che le disposizioni di cui ai commi quinto e sesto dell'articolo 155 del codice di procedura civile (introdotti dall'articolo 2, comma 1, lettera f), della legge 28 dicembre 2005, n. 263) si applichino anche ai giudizi pendenti alla data del 1o marzo 2006.

Articolo 59.

      La norma disciplina l'entrata in vigore della legge, fissata per il 1o gennaio 2008.

 

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